IoT, Augmented Reality e Context Computing secondo Mauro Rubin [INTERVIEW]
Abbiamo incontrato nella nuova sede di JoinPad (azienda da lui fondata) Mauro Rubin, che oltre ad essere un amico e cliente di neen, è uno dei massimi esperti di realtà aumentata in Italia a tal punto da essere nominato primo Epson Moverio Evangelist.
Gli abbiamo chiesto di fare un po’ di chiarezza in un settore dove l’abuso di buzzword come A.R., IoT senza alcuna logica sembra quasi naturale.
Raccontaci qualcosa di te e di JoinPad
Mi chiamo Mauro Rubin e sono il fondatore di JoinPad. JoinPad è una società che nasce alla fine del 2010 con l’obiettivo di semplificare i processi industriali attraverso le tecnologie di interazione ambientale, tra le quali la augmented reality, l’IoT e sistemi più consolidati come la geolocalizzazione. Attualmente il core business di JoinPad è rappresentato dall’augmented reality, tecnologia che ci contraddistingue a livello mondiale: sono poche infatti – circa una decina – le aziende che a livello globale producono software per fare realtà aumentata, e noi siamo una di queste. Un altro degli elementi che ci contraddistingue ulteriormente in questo settore è che siamo una delle tre società al mondo che è focalizzata sullo sviluppo di queste tecnologie a servizio del settore industriale.
Quindi il focus del vostro business non è l’IoT, ma è solo una delle componenti
In realtà JoinPad nasce come società che si occupa di realtà aumentata, ma per via delle numerose declinazioni che questa tecnologia può assumere, anche la nostra società si sviluppa in diversi campi di applicazione. Bisogna fare un distinguo tra le tipologie di realtà aumentata attualmente esistenti: la prima è quella che ci permette di sfruttare algoritmi per il riconoscimento degli oggetti – ad esempio, ho un oggetto davanti a me di cui non conosco assolutamente nulla, attraverso l’osservazione dello stesso tramite un tablet o smartglasses, l’algoritmo è in grado di riconoscere l’oggetto e fornirmi tutte le informazioni disponibili su quella tipologia di oggetto. La seconda tipologia di realtà aumentata è quella che prevede l’utilizzo della geolocalizzazione: in questo caso, non viene riconosciuto un oggetto, ma la posizione dell’utente e dei diversi servizi intorno ad esso. Attraverso la triangolazione di questi dati è possibile per l’utente associare una o più informazioni a un punto d’interesse specifico.
Il mix di queste due tipologie di realtà aumentata ha generato quella che viene chiamato Context Computing. Il Context Computing è l’evoluzione della realtà aumentata attraverso l’integrazione della stessa con sistemi di IoT.
Fanno parte dell’IoT anche le informazioni che gli utenti ricevono senza che queste vengano esplicitamente richieste? Ad esempio le notifiche che ognuno di noi riceve in base a una profilazione effettuata su diversi dati come sesso e professione?
Se volessimo utilizzare la keyword più diffusa, sì, dovremmo dire che tali notifiche rientrano nel campo dell’IoT. In realtà i sistemi che regolamentano il flusso di informazioni, quindi che fanno sì che le informazioni trovino l’utente e non che l’utente vada a cercarsi l’informazione che gli interessa, rientrano nella definizione di Context Computing. Come abbiamo detto prima, il Context Computing combina tecnologie come la realtà aumentata, l’object recognition e la geolocalizzazione per delineare il giusto percorso e i giusti pattern per fruire di queste informazioni. Se volessimo fare un esempio banale di Context Computing potremmo parlare di Google Now; semplicemente recuperando le informazioni dal Calendar, da Maps e da altre app installate sul nostro device, il sistema di Google Now è in grado di prevedere le necessità dell’utente dal momento della richiesta fino a 5 minuti dopo. È questa la chiave del successo del Context Computing.
Mentre dal punto di vista consumer questo vantaggio non è ancora molto tangibile – perché mancano ancora le integrazioni tra i vari settori – per il settore industriale il Context Computing rappresenta un vantaggio concreto e tangibile. Un esempio pratico d’applicazione in campo industriale è rappresentato dalla nostra app BrainPad, che abbiamo implementato per alcuni clienti che operano nel settore energetico. BrainPad permette una migliore programmazione delle attività di manutenzione da effettuare su un impianto attraverso un visore indossato dagli operatori. In questo modo, durante l’intervento, l’operatore ha a disposizione nel proprio campo visivo, tutte le informazioni dell’asset su cui sta andando ad operare. Ma BrainPad non fornisce solo informazioni relative all’intervento, interagisce anche con gli altri visori presenti nell’impianto, ad esempio segnalando la chiusura di un task anche agli operatori nelle vicinanze.
Se dovessi definire in una parola sola la realtà aumentata, quale termine utilizzeresti?
Una tecnologia che ci permette di ottenere informazioni rilevanti su qualsiasi cosa.
Se dovessi definire in una parola sola IoT?
Un insieme di sensori connessi a una rete.
E l’intelligenza artificiale?
Algoritmi evoluti che eseguono dei pattern.
Quindi secondo JoinPad il futuro è rappresentato dal Context Computing?
Assolutamente si.
Oggi cos’è possibile collegare alla rete tramite il Cloud Computing e l’IoT?
Tutto, o meglio, qualsiasi cosa sufficientemente smart da essere connessa. Volendo qualsiasi oggetto, purché questo abbia un senso per essere connesso.
Si può fare una stima degli oggetti connessi?
È difficile dare dei numeri precisi, sicuramente siamo nell’ordine di milioni di milioni di oggetti connessi, anche se alcuni non avrebbero necessità di esserlo.
Qual’è l’impatto sull’ambiente della produzione di tutti questi hardware?
Sicuramente il tema ambientale è una delle grandi sfide che ci troveremo ad affrontare nei prossimi 5 anni. Con l’evoluzione del 3D printing, in futuro non esisteranno più grandi aziende che produrranno hardware fisico in modo massivo, ma tutto verrà creato in base alle esigenze personali. Da questo punto di vista vi sarà si un risparmio delle risorse utilizzate come corrente e materie prime, ma vi sarà anche un aumento dei marketplace. Penso che l’obiettivo per il futuro sia continuare a implementare la tecnologia di produzione e riciclo dei materiali, in modo da arrivare ad un punto in cui ogni hardware prodotto avrà impatto ambientale il più vicino possibile allo zero.
Oltre all’impatto ambientale, pensi che ci sia anche qualche controindicazione dal punto di vista etico nella produzione di tutti questi hardware?
Sono amante della montagna e della natura e delle volte mi da persino fastidio avere il cellulare in tasca. Partendo da questa premessa, secondo me spargere tecnologia in giro per il mondo senza un senso è la cosa più stupida che si possa fare. In primis per il discorso ambientale che abbiamo fatto prima, in secondo luogo perché non ha senso produrre gadget costosi che non fanno altro che accelerare il consumo delle risorse, che non dimentichiamolo, sono disponibili in natura in quantità finite.
Chi secondo te potrà avere nel futuro più vantaggi dallo sviluppo delle tecnologie legate al Context Computing?
Sicuramente le categorie collegate ai settori di fornitura dei servizi. Nei prossimi tre anni prevedo dei grossi salti in avanti in termini di tecnologia impiegata negli strumenti di uso comune, in tal senso, penso che molto sarà fatto in termini di condivisione delle risorse computazionali. Facciamo un esempio pratico, se io ho un device connesso, ad esempio una lavatrice, che utilizzo una volta ogni tot settimanalmente, tutte le volte che io non la utilizzerò avrò un intelligenza artificiale e un’unità computazionale che non viene sfruttata. Poniamo il caso che mentre la lavatrice è ferma io debba fare un operazione con il mio computer – ad esempio elaborazione grafica – ma il mio computer non ha sufficienti risorse, ecco nel futuro il mio computer potrà chiedere in prestito dell’intelligenza computazionale alla lavatrice che in quel momento non la sta utilizzando. Questa secondo me sarà l’evoluzione dell’implementazione dell’intelligenza artificiale all’interno dell’IoT generale. Il mio cellulare, il mio orologio o qualsiasi altro oggetto potranno lavorare assieme per produrre un output.
Che tipo di legame vedi tra Context Computing e il Cloud?
Sono molto confidente che in futuro non sarà solo il cloud a gestire le nuove architetture che utilizzeremo nel Context Computing, ma strutture ibride come il Fog-cloud, piuttosto che il Fog-computing. Per tutta quella forza lavoro che è scalabile, verrà utilizzato il cloud ma, per tutta quella parte che riguarda le unità computazionali in loco, verranno utilizzate delle macchine reali e non virtualizzate. Questo perché, oltre a problemi di sicurezza, per alcuni settori specifici ci sarà sempre la necessità di mantenere le macchine offline ma in grado di poter elaborare, connettersi con altre macchine e raccogliere informazioni in locale.